Giuseppe Culicchia a proposito di "Cerniera lampo"

"Un romanzo che fa sorridere e riflettere"

Gianluca Morozzi a proposito di "Tutto quell'amore disperso"

"Un perfetto, equilibrato mix di musica di classe e donne complicate"

Renato Minore a proposito di "Se avessi previsto tutto questo"

"Una storia di forte identificazione in cui c’è sempre una partenza da affrontare, uno sradicamento nuovo che è ormai la condizione coscenziale di un’intera generazione."

giovedì 28 dicembre 2017

"L'IRRIVERENZA DEL CINISMO": SU "AMEDIT" DI DICEMBRE UNA RECENSIONE AL "GRANDE CHIHUAHUA"

Le recensioni più belle sono quelle del tutto inaspettate, che trovi su Google perché nessuno ti ha avvisato...sulla rivista trimestrale Amedit n. 33, disponibile anche in cartaceo, Gaetano Platania dedica un paginone all' "irriverenza del cinismo". La pagina a fianco è dedicata a Paul Auster e la cosa fa tremare le gambe.
La rivista è sfogliabile on line al seguente link: https://amedit.me/2017/12/23/amedit-n-33-dicembre-2017/



lunedì 18 dicembre 2017

"IL GRANDE CHIHUAHUA" RECENSITO SU "LANKENAUTA"

Dopo essersi occupato di "Cerniera lampo"; la critica di Luca Menichetti (pubblicata su "Lankenauta") si estende anche al nuovo capitolo della mia collaborazione con Joe Schittino:

"Mentre il Dino Armicula, co-protagonista di “Cerniera lampo”, tutt’al più lo potevamo definire un “teppistello contestatore”, qui le cose cambiano e si fanno apparentemente più cupe: “Uccidere soltanto perché si può fare. Per il gusto di farlo. […] Giovane universitario catanese, iscritto alla facoltà di Filosofia, di famiglia borghese, sceglie le proprie vittime vagando per le strade meno trafficate dei piccoli paesi limitrofi. Lo fa casualmente, senza alcuna apparente motivazione logica, sfogando in questo modo la sua follia omicida. Una violenza brutale e gratuita. Nessuna legge morale, civile o religiosa può impedirglielo. Al di là del bene e del male. In sottofondo la musica dei Beatles e al suo fianco il piccolo chihuahua Grande. L’incontro con l’intrigante Carmen F. Beretta, aspirante poetessa, incrinerà alcune delle sue certezze più profonde, spingendolo a scoprire una parte di sé che non avrebbe mai creduto potesse esistere. Ma chi è veramente Carmen?” (dalla quarta di copertina). Un epilogo che prefigura quindi un incrinare di certezze, anche se ai lettori più smaliziati potrebbe venire il sospetto che non sarà soltanto il protagonista del romanzo a rimanere disorientato. Eppure di pagina in pagina ci troviamo di fronte ad un serial killer in erba, nemmeno troppo turbato dalla stranezza dei suoi genitori e del suo ambiente borghese, che sfoltisce  l’umanità con distacco e con giustificazioni decisamente debolucce: “Perché uno non deve uccidere, se tanto si muore comunque?” (pp.52). Visti i precedenti la comparsa della misteriosa Carmen F. Beretta potrà far pensare ad una redenzione, ad una vendetta oppure ad una futura coppia tipo Frederick e Rosemary West, o Paul Bernardo e Karla Homolka. I due autori hanno invece scelto un epilogo alternativo ma perfettamente logico. Se tutto quanto raccontato dal protagonista potrà apparire sotto una luce diversa, rimangono comunque pagine scritte apparentemente con ambizioni più grandi rispetto il precedente “Cerniera lampo”. L’umorismo e il sarcasmo sembrano cedere di fronte al monologo delirante di un killer, al suo filosofeggiare da quattro soldi, compiaciuto dei propri crimini e nel contempo distaccato, come se fosse diventato quello che è più per la lettura distorta di Nietzsche che per la vicinanza di familiari e amici perversi e fuori testa.
Malgrado questa apparenza (o sostanza?) cupa e sanguinolenta, un linguaggio a volte volutamente sopra le righe, il romanzo, secondo noi, scorre piuttosto bene, tra assurdità adolescenziali, citazioni musicali e letterarie; e non annoia proprio perché, incalzando la curiosità del lettore, la presenza di questa Carmen F. preannuncia un ritorno ad atmosfere più umoristiche e soprattutto ad una svolta inattesa e ad una rottura rispetto l’ordinario uccidere di serial killer solitario. A ben vedere che Luca Raimondi e Joe Schittino abbiano voluto proporre uno stile parzialmente diverso, più ambizioso rispetto “Cerniera lampo”, ma alla fin fine senza abbandonare lo spirito che ha caratterizzato la loro opera d’esordio, in realtà lo si può sospettare fin dall’inizio. Per questo motivo le citazioni inserite a premessa del romanzo forse è il caso di leggerle alla fine."

La recensione la potete leggere integralmente al seguente link: