Giuseppe Culicchia a proposito di "Cerniera lampo"

"Un romanzo che fa sorridere e riflettere"

Gianluca Morozzi a proposito di "Tutto quell'amore disperso"

"Un perfetto, equilibrato mix di musica di classe e donne complicate"

Renato Minore a proposito di "Se avessi previsto tutto questo"

"Una storia di forte identificazione in cui c’è sempre una partenza da affrontare, uno sradicamento nuovo che è ormai la condizione coscenziale di un’intera generazione."

lunedì 9 marzo 2015

CARLO PIRAS METAFORA DI UNA GENERAZIONE? LA RECENSIONE DI "PICKLINE"

Segnalo (con un po' di ritardo, dato che è apparsa il 16 febbraio) una nuova recensione, stavolta a opera di Milena Privitera, sul portale di informazione "Pickline", diretto da Valerio Morabito.
Cito la parte più interessante dell'articolo, che potete leggere integralmente qui.
"Carlo di fatto è metafora della sua generazione, della generazione dei ventenni di fine millennio, aspiranti filosofi, ragazzi complicati, rockettari per hobby, attori teatrali dilettanti, cinefili impegnati in cortometraggi pretenziosi, attivisti di Rifondazione Comunista. 
Le loro sofferenze diventano più leggere grazie ai video di MTV, gli intramontabili CCCP – Fedeli alla linea, la militanza politica, Moretti, le vacanze a Ibiza, l’ascolto a tutto volume dei Verve. Ragazzi e ragazze che s’incontrano in gruppi di studio malassortiti e in luoghi cult di Catania come la “Fera ‘o luni” o il Monastero dei Benedettini. E Sofia come dice bene la quarta di copertina di questo romanzo-diario è “l’ennesimo, gradito giocattolo da distruggere. Per poi rimanere ancora una volta da solo e capire, finalmente, che no, non era bello così, non mi piaceva, vivere così. Che così dettava il bisogno derivato dall’abitudine, dalla consuetudine, di essere solo ma… non era bello, proprio no. Ho bisogno di lei, dello specchio che mi pone davanti per farmi notare la mia bellezza ma anche e soprattutto le cicatrici derivate dai miei errori”. 
In “Tutto quell’amore disperso”, Carlo/Luca ci racconta in prima persona del suo primo amore, di cosa significhi essere figlio unico, della fatica dello studio della “sophia” universitaria (filosofia), dell’amore per la musica soprattutto e per il cinema in un lungo memoire che ci spiega in maniera semplice come sia difficile crescere, maturare, trovare la propria strada. Come il mio alter-ego Carlo Piras, – dice l’autore- “fu proprio all’Università di Catania, sul finire degli anni ’90, che feci il mio primo tentativo di produrre un film, mai portato a termine: la sceneggiatura di quel film interrotto è riprodotta quasi fedelmente, in un vertiginoso gioco di specchi tra le mie vicende, quelle di Carlo Piras e la loro trasposizione artistica”. L’ultimo romanzo di Luca Raimondi è giocato tutto sulla memoria intesa come racconto del passato, un passato importante, vitale, un passato che ci ricorda ironicamente come saremmo potuti essere, diventare se e ma … Luca Raimondi, comunque, heideggeriano convinto ritiene che “il presente viene sempre dopo l’avvenire e che l’avvenire è l’origine della storia” per cui il passato, come i brani musicali che lo scandiscono, fa parte del nostro futuro della nostra Weltanschauung globale."

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