Giuseppe Culicchia a proposito di "Cerniera lampo"

"Un romanzo che fa sorridere e riflettere"

Gianluca Morozzi a proposito di "Tutto quell'amore disperso"

"Un perfetto, equilibrato mix di musica di classe e donne complicate"

Renato Minore a proposito di "Se avessi previsto tutto questo"

"Una storia di forte identificazione in cui c’è sempre una partenza da affrontare, uno sradicamento nuovo che è ormai la condizione coscenziale di un’intera generazione."

venerdì 19 ottobre 2018

UN'INTERVISTA CONCESSA AL BLOG "DIMENSIONE NERA"

A questo link trovate un'intervista che a maggio ho concesso al blogger Walter Fabianelli: 
Il suo blog (Dimensione nera, anche se l'indirizzo web sostituisce "nera" con "parallela") è molto interessante e vi consiglio di dargli ben più di una semplice occhiata. Le sue interviste ai maggiori autori horror del momento sono imperdibili. 

  1. Hai un curriculum di tutto rispetto. Scrittore, curatore, regista! Come si diventa Luca Raimondi?
Ti ringrazio, ma non ritengo di aver fatto ancora nulla di straordinario. Quello che traspare dal mio curriculum è solo grande passione per l’arte, il cinema, la letteratura. La mia attività di regista è ormai acqua passata e, a dispetto di alcune partecipazioni a festival anche di una certa importanza e qualche sporadico premio, a un certo punto ha smesso di darmi soddisfazioni, avevo fatto tutto quello che potevo con gli scarsi mezzi a mia disposizione. Purtroppo non è un campo facile, anche un semplice cortometraggio, per essere competitivo, necessita di finanziamenti e del coinvolgimento di tanta, tanta gente. Ho preferito a un certo punto dedicarmi esclusivamente alla letteratura, campo più solitario (anche se spesso ho scritto “a quattro mani”) e di certo, nella sua componente creativa, molto meno legato ai soldi e ai mezzi a disposizione, basta un normale pc.
  1. So che ti occupi di un’iniziativa per promuovere la cultura. Di che cosa si tratta esattamente?
Credo tu ti riferisca al blog “Il Gorgo Nero” (ilgorgonero.blogspot.it), fondato qualche tempo fa da me assieme all’amico e collaboratore Giuseppe Maresca. La cultura che vogliamo promuovere, nello specifico, è quella legata al genere “horror”. Ci occupiamo quasi esclusivamente di horror italiano, un settore di nicchia, purtroppo è un genere molto poco praticato dalle nostre parti, ma ci sono comunque tanti autori che tra mille difficoltà propongono lavori più o meno ispirati alla lunga tradizione gotica e fantastica: nei fumetti o nel cinema in particolare, ma anche nella letteratura non mancano scrittori che – a volte anche in modo esclusivo – conducono da anni una ricerca e una sperimentazione continua legata alle mille suggestioni provenienti dal sovrannaturale.
  1. Hai un metodo nell’organizzazione della tua giornata?
Non so ancora adesso se posso definirmi “scrittore” nel senso più pieno del termine, di sicuro non riesco purtroppo a vivere di scrittura, non credo quindi di potermi considerare un vero “professionista”. Di certo da oltre vent’anni scrivo, e non solo romanzi, mi è sempre piaciuto farlo e penso continuerò a lungo a farlo. Ho una lunga gavetta alle spalle e di sicuro non è ancora terminata, in Italia purtroppo la gavetta non termina mai. Non vivendo di scrittura, devo purtroppo fare i salti mortali per trovare il tempo e la concentrazione per le mie opere e non ho alcun metodo a riguardo, ogni momento libero è buono per scrivere o per dedicarmi a progetti letterari come la recente antologia “I signori della notte”, edita da Morellini e distribuita da Messaggerie in modo capillare (cosa piuttosto rara, molte antologie horror faticano a uscire dall’underground). Quest’ultimo lavoro ha certamente contribuito a farmi conoscere un po’ di più nell’ambiente letterario. Aggiungo con orgoglio che, pur vivendo lontano dai grandi centri editoriali e culturali, dalle mie parti c’è da alcuni anni un certo fermento: Siracusa ospita un gran numero di scrittori di fama nazionale che non hanno abbandonato l’isola, Simona Lo Iacono, Veronica Tomassini, Annamaria Piccione, Gianfranco Damico, Stefano Amato, Angelo Orlando Meloni, Luciano Modica, Annalisa Stancanelli, Giovanna Strano e tanti altri ancora, impossibile davvero citarli tutti.
  1. Il romanzo che ti ha dato più soddisfazioni e quello che stato più ostico da scrivere?
Quello più ostico si chiama L’inverno polacco, è più che altro una raccolta di racconti che però preferisco considerare una sorta di “romanzo corale” ambientato in Polonia, la terra nativa di mia moglie, che da anni scrivo e riscrivo, monto e smonto, e non ne sono mai pienamente soddisfatto, nonostante di tanto in tanto qualche editore mi proponga di pubblicarlo. Forse anche perché, nonostante i contenuti del libro siano universali, sento la responsabilità e la difficoltà di raccontare una terra e un popolo che frequento sì da oltre una decina d’anni, ma che ovviamente non è la mia terra, il mio popolo, e la conoscenza che ne ho è del tutto relativa. Tuttavia mi ha fornito notevole ispirazione e credo che il libro, quando sarà concluso, non mancherà di interessare qualcuno.
Quello che mi ha dato più soddisfazioni, di contro, è quello più personale, che racconta la formazione sentimentale del mio alter-ego Carlo Piras, “Se avessi previsto tutto questo”, a pari merito con il suo seguito, “Tutto quell’amore disperso”. Sono i romanzi che vorrei mi sopravvivessero, pubblicati dalle benemerite Edizioni Il Foglio di Gordiano Lupi, una casa editrice che è un vero laboratorio creativo, da cui sono usciti fuori scrittori notevoli. Ho anche il progetto di una terza storia di Carlo Piras, spero di riuscire a scriverla, prima o poi.
  1. A quale progetto/i stai lavorando in questo periodo?
Oltre all’ennesima revisione del libro polacco, che se riesco a consegnarlo dovrebbe finalmente approdare in libreria intorno al gennaio 2019, sto curando una nuova antologia horror, in collaborazione con il già citato Giuseppe Maresca, che sarà pronta per l’autunno. Abbiamo raccolto trenta autori italiani tra i migliori del genere, un lavoro monumentale. Conseguenziale a questo mio rinnovato interesse per il genere, sarà la riproposizione, in una nuova e più matura versione, del romanzo “Marenigma”, ignorato (da me per primo, che l’ho promozionato poco o nulla) nella sua prima apparizione, quasi dieci anni fa.
  1. Quali sono se ci sono le regole non scritte per riuscire in questo mondo?
Non ne ho idea, se le conoscessi avrei sicuramente raggiunto risultati ancora più significativi. Quello che posso dire è che non mi sono mai abbattuto per una critica o un rifiuto, ho sempre cercato di studiare, di migliorare, di accumulare esperienza, perché oggi come oggi troppa gente affronta la narrativa con faciloneria e superficialità, qualcuno (l’ho sentito dire con le mie orecchie) strombazza magari ad alta voce di aver pubblicato un romanzo senza mai averne letto uno, come se fosse un merito.
  1. In questi mesi hai curato l’opera Il signore della notte. Storia di vampiri italiani, aggiungo che è un’antologia che ho amato sin da subito. Questa grande raccolta come è nata?
Ti ringrazio per l’apprezzamento. Per risponderti, devo citare ancora una volta Giuseppe Maresca, perché dalle nostre lunghe conversazioni relative al genere horror è scaturita questa idea di raccogliere scrittori italiani di alto livello che avessero le qualità per scrivere racconti di altrettanto buon livello letterario, dato che l’horror all’italiana ha prodotto materiale alquanto scadente, salvo alcune rare eccezioni (Danilo Arona, per nominarne uno, è un autentico maestro). Inoltre le nostre ambientazioni ci sembravano sotto-utilizzate, avevamo voglia di prendere archetipi come quello del vampiro e trapiantarlo nelle nostre realtà urbane e suburbane, nel nostro folclore, nella nostra storia, basta Transilvania, Londra, New York, abbiamo la Maremma, le Dolomiti, Roma, Milano, Bologna, persino la Sicilia, che offrono scenari adatti per ogni storia, per ogni genere. E ovviamente desideravamo vedere scrittori italiani finalmente liberi di giocare, di sperimentare al di fuori dei paletti e dalla forma mentis imposta da decenni di verismo e neo-neo-neo realismo.
  1. Un consiglio per chi si approccia a questo mondo della scrittura. Cosa deve fare una volta che pensa di avere tra le mani un prodotto di qualità?
Beh, non è così complicato, basta inviare il libro a un agente o anche direttamente agli editori (molti pubblicano nel proprio sito le modalità per inviare manoscritti e nella maggior parte dei casi è possibile farlo per email, senza alcuna spesa di spedizione), scegliendo quelli più adatti alla storia e al genere che proponiamo. Se il romanzo è di qualità, è probabile che si trovi qualcuno disposto a prendersene cura. Non a pagamento, però: un editore che chiede all’autore un contributo economico non è a mio avviso (e non solo mio) un editore serio, è una sorta di tipografo, piuttosto che abbracciare quell’ipotesi è forse più conveniente essere editori di se stessi e fare “self publishing”, tipologia di pubblicazione che non pratico ma che tutto sommato mi affascina, per quella sfrenata libertà che permette (non esente da rischi, certo, ma il bello è proprio questo).
  1. Il libro o film che ti ha influenzato maggiormente?
Ma tanti, tantissimi, il primo amore però non si scorda mai e non avrei mai cominciato a leggere senza Stephen King. Il suo romanzo “It” e “Shining”, sia il libro che il film di Kubrick, mi hanno condizionato molto nei miei primi passi di scrittore (e più di un riferimento a entrambi vi è nel mio unico e sfortunato romanzo horror, “Marenigma”, che spero di poter ripubblicare presto). Quando voglio divertirmi senza rinunciare alla qualità, allora apro un libro a caso di Lansdale. Tra gli italiani, i primi romanzi di Andrea De Carlo, Enrico Brizzi, Giuseppe Culicchia o Gianluca Morozzi sono stati importanti per accordare i miei strumenti prima di cominciare ad eseguire storie di formazione come quelle di Carlo Piras, Andrea G. Pinketts mi ha spalancato gli occhi con il suo stile spettacolare ed Eraldo Baldini mi ha illuminato il sentiero per quanto riguarda la possibilità di trapiantare l’horror in Italia. Studiando a lungo Pasolini (a cui ho dedicato due opere saggistiche), non escludo che abbia lasciato in me più di una traccia, devo ammettere però di aver sempre preferito il suo cinema o la sua poesia piuttosto che la narrativa. Nell’ultimo decennio ho letto diversi autori polacchi, voglio citare almeno Andrzej Szczypiorski, perché forse è quello che più degli altri ha lasciato qualche traccia nel mio modo di strutturare un racconto.
  1. Hai scritto tanto e di altri generi, perché proprio concedimi la frase, sei passato al lato oscuro?
Così come sono un lettore onnivoro, capace di leggere William Peter Blatty, Pietrangelo Buttafuoco e Tex nello stesso pomeriggio, sono anche uno scrittore a cui piace spaziare tra i generi, scegliendo di volta in volta quello più adatto al tipo di storia che ho in mente. Il già citato “Marenigma”, per esempio, è una storia di formazione che racconta le turbe e le angosce adolescenziali, e il genere horror ha sempre fornito molti spunti e suggestioni sull’argomento, così ho scelto quella cassetta degli attrezzi per affrontare quel lavoro. In altri casi, ho compiuto scelte differenti, utilizzando l’ironia, il grottesco, la commedia, la filosofia e tutto il bagaglio culturale che porto con me e che accresco ogni giorno.
  1. Che cosa apprezzi di più del tuo lavoro, scrivere da solo, collaborare con altri autori oppure vedere un progetto finito o iniziare un nuovo progetto?
Portare avanti un lavoro in perfetta solitudine a volte è ideale, altre volte appare come un’insopportabile maledizione, per questo spesso trovo stimolante collaborare con altri autori, purché siano amici a me molti cari se non addirittura parenti stretti (ho scritto un romanzo con mio padre), che conosco bene e che mi conoscono bene. Trovo molto utile la dialettica che si instaura in questi casi. Il tuo collaboratore ti fa notare dettagli che ti erano sfuggiti e nell’esporre il tuo punto di vista all’altro, lo chiarisci anche a te stesso. Trovo tutto questo molto utile, ciò che si perde in autenticità e autobiografismo, si guadagna in qualità, consapevolezza e profondità letteraria.
  1. Ipoteticamente parlando potessi collaborare con uno scrittore qualsiasi della storia contemporanea e non, chi vorresti al tuo fianco e su quale storia?
Non so quanto sia pertinente la mia risposta ma d’istinto non ho alcun dubbio: il mio caro amico Joe Schittino, con cui in realtà ho già avuto la fortuna di scrivere due romanzi, ma con cui non avrei alcuna remora a scriverne un terzo. Pur essendo principalmente un musicista, ha anche ottime doti narrative e soprattutto scrivere con lui è un divertimento più unico che raro. Non credo che con Stephen King avrei modo di farmi le stesse risate e poi mi sembra uno stacanovista, io sono siciliano e i miei ritmi sono più rilassati, non riuscirei di certo a stare dietro al suo! La storia? Sarebbe il frutto del nostro supremo sollazzo, insomma, sopra le righe, grottesca, tragicomica, del tutto inclassificabile, al limite del trash, insomma, però con riferimenti e influenze culturali di ogni tipo, come d’altronde il nostro ultimo lavoro, “Il grande chihuahua” (edito da Alter Ego nel 2017).